di Federico Valerio
Il bio-metano ci dà una mano
La vitale esigenza di mangiare, ogni anno ci fa produrre, a testa, circa 50 chili di scarti per la preparazione dei pasti consumati a casa. Anche tutto quello che mangiamo ai fast food, in pizzeria e alla mensa aziendale produce degli scarti, e altri scarti di cibo sono prodotti dalla grande distribuzione, sia nella fase di confezionamento che di mancata vendita: complessivamente sono altri 20 chili di “umido putrescibile” all’anno “pro capite”.
L’attività metabolica di ogni vivente trasforma inevitabilmente il cibo in scorie che i nostri impianti di depurazione rendono compatibili con la balneabilità dei nostri mari ma con l’effetto collaterale della produzione di fanghi: circa 35 chili all’anno per ogni cittadino allacciato alla rete fognaria.
Pertanto ognuno di noi, solo per rispondere al bisogno primario di cibarsi quotidianamente, ogni anno produce complessivamente circa 105 chili di rifiuti. Moltiplicate questa cifra per 620.000, più o meno gli abitanti di Genova, e vi trovate il problema di AMIU di raccogliere e smaltire ogni anno circa 66.000 tonnellate di rifiuti umidi e facilmente puzzolenti.
Fino ad oggi questi materiali sono finiti a Scarpino, la grande discarica a servizio della città.
Siamo tutti d’accordo che non si può continuare così, ma non è neanche vero, come qualcuno ci vuol far credere, che l’unica soluzione praticabile sia quella di bruciare questi e tutti gli altri scarti prodotti dalla città in un bel inceneritore con recupero energetico e magari usare il calore residuo per riscaldarci la città.
Nel caso specifico, vista la grande quantità d’acqua presente in questi scarti (oltre il 40%) proporre la termovalorizzazione come soluzione è una insostenibile schiocchezza.
Esiste un’altra soluzione per questi scarti (circa il 25% dell’intera produzione urbana di materiali post consumo), più razionale, più economica, di minore impatto ambientale e con una diversa, ma ancora più versatile possibilità di recupero energetico, in forte sviluppo in tutto il mondo e in particolare in Austria, Germania, Spagna, Gran Bretagna, Israele: la fermentazione anaerobica con produzione di bio-metano.
Tutti gli scarti di cibo e i fanghi di depurazione, con una opportuna aggiunta di acqua, sono inviati in cisterne a chiusura ermetica in cui per una quarantina di giorni lavorano per noi micro-organismi molto antichi che, in assenza di ossigeno (questo è il significato di anaerobico), trasformano gli scarti biodegradabili in una miscela di anidride carbonica e metano.
E’ possibile separare l’anidride carbonica dal metano e depurare quest’ultimo (il bio-metano) ad un grado compatibile con l’esistente rete di distribuzione del gas. L’immisione nella rete di bio-metano, mette subito a disposizione per l’intera città uno dei combustibili più puliti e, cosa molto interessante, senza nuove e costose infrastrutture per il teleriscaldamento.
E Genova, con tutti gli scarti di cibo prodotti dai suoi abitanti potrebbe avere a sua disposizione una auto-produzione di circa 7 milioni di metri cubi di bio-metano all’anno, il consumo, per usi domestici, di 45.000 famiglie genovesi.
E la quantità di bio-metano può essere ancora maggiore se alla fermentazione anaerobica verranno avviati, come è possibile, anche scarti di macellerie e pescherie, tovaglioli e fazzoletti di carta e i nuovi imballaggi biodegradabili che alcune centri commerciali hanno già introdotto, al posto della plastica, per confezionare verdura, uova, formaggi…
La produzione di bio-metano, oltre che rendere energeticamente autosufficente l’impianto di digestione anaerobica, permetterà a un bel po’ di genovesi di cucinare gli spaghetti, fare la doccia, riscaldare la casa, alimentare l’automobile, produrre elettricità, esattamente come fa il metano siberiano e libico, ma con l’importante differenza che il bio-metano, oltre ad essere autoprodotto in casa, è di sicura fonte rinnovabile e quindi può ricevere i previsti incentivi pubblici.
Per il buon esito di questa scelta, che il comune di Genova ha già previsto nel suo nuovo piano di gestione dei materiali post consumo, c’è tuttavia un importante presupposto: l’elevata qualità dei materiali destinati ai trattamenti biologici.
Questo obiettivo è certamente raggiungibile con una raccolta differenziata di qualità finalizzata al riciclo.
L’alta qualità dei materiali raccolti e l’elevata differenziazione (superiore al 60%), sono le principali caratteristiche della raccolta differenziata denominata Porta a Porta.
Questo è il sistema di raccolta, avviato da alcuni mesi a Genova nei quartieri di Sestri e Pontedecimo che certamente, dopo i previsti aggiustamenti studiati in questa fase pilota, si estenderà progressivamente al resto della città.
Raccolta Porta a Porta e produzione di bio-metano da immettere nella rete sono i principali pilastri di un modello innovativo di gestione dei materiali post consumo.
Altri tasselli fondamentali di questo modello, che giustamente potrà essere battezzato come Modello Genova, sono una energica politica di riduzione alla fonte realizzata con il compostaggio domestico di città e la promozione dell’uso dell’acqua potabile, meno cara e più controllata dell’acqua in bottiglia.
Decisiva per il succeso del Modello Genova, sarà l’introduzione della Tariffa “Paghi Per Quanto Getti“ ovvero far pagare ogni famiglia in proporzione alla quantità di rifiuto indifferenziato effettivamente prodotto, misura effettuabile, ad esempio, in base ai vuotamenti del cassonetto indifferenziato assegnato ad ogni condominio.
Da
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